domenica 26 ottobre 2008

Chiodi come Battiato, ha trovato il suo Sgalambro.

Inusuale. La presentazione del programma di Gianni Chiodi ha lasciato esterrefatti e sorpresi. Come davanti ad un piatto di cucina moderna dove gli accostamenti dei sapori risultano improbabili sulla carta. E al palato? Vedremo alla fine della campagna elettorale.

Certo ascoltare prima oratori intrisi di politica politicante come Di Stefano, Piccone e Pastore e poi la semanticamente e filosoficamente acrobatica performance dell’ideologo di Chiodi, professor Girolamo Melis, ha prodotto un effetto estraniante per il popolo del centrodestra in platea. Poi, per fortuna, Chiodi ha tradotto in un linguaggio comprensibile le parole di Melis. “Casa Abruzzo” è la sintesi di un’idea di programma che basa le sue fondamenta su di un approccio non politico e non elettorale. Una ispirazione quella di Melis che ha sedotto l’ex sindaco di Teramo. Sedurrà anche gli elettori abruzzesi?

Mai come in questa campagna elettorale è possibile sperimentare per il centrodestra. Il vento soffia in poppa. Dall’altra parte sono ancora alle prese con le macerie del dopo Del Turco. Dare all’elettorato semantica nuova e visionarie prospettive può essere efficace a patto che anche i riti della politica siano davvero nuovi. E invece la lotta per il listino e per la composizione delle liste elettorali appare un vecchio armamentario della peggiore politica, che il buon Chiodi non sembra saper maneggiare. L’esigenza di riportare tutto a Roma sul tavolo del dominus per risolvere quello che nella periferia dell’impero non si riesce a gestire in autonomia, costringe Chiodi a rimettere i piedi per terra o meglio nella fanghiglia della politica politicante, appunto.

L’idea della regione intesa come unica grande comunità, delle responsabilità e dei doveri affianco ai diritti, della cura dell’altro non appaino poi cose così nuove. Come non ricordare Veltroni e il suo “I care”?
Di nuovo forse c’è il fatto che sono dette da un candidato di centrodestra. L’Abruzzo dunque come laboratorio politico, culturale e sociale per sperimentare quella forma di buon governo che il centrodestra non ha ancora saputo offrire a livello locale? Chiodi parla di un “modello da esportazione” da offrire a Berlusconi. Parole impegnative che sfidano modelli di governo regionale e i loro interpreti del centrodestra che da anni stanno dando ottimi risultati, come in Lombardia e in Veneto. Certo qui è il Pdl senza l’apporto della Lega, a dover dimostrare in caso di vittoria di saper offrire un modello di governo efficiente e coinvolgente, radicato non solo sulla leadership del premier, ma anche sulle proposte programmatiche che offre la classe dirigente locale. Chiodi parla di sussidiarietà e impegno degli agenti sociali. Parole che nascondo dietro l’idea di rendere l’ente Regione più snello e meno invasivo e lasciare ai livelli territoriali più vicini alla comunità la capacità di autogestione e di impegno diretto. Un approccio rivoluzionario per la mentalità degli abruzzesi e dell’elettore tipo del centrodestra.

Gianni Chiodi fra suggestioni ideologiche e semantiche, investiture privilegiate, e compagni di avventura che più dissimili non si può ha lanciato la sua rincorsa alla carica di capo condomino della Casa Abruzzo.

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